Elena Ferrara

La Legge 71/17 presentata all’Unione Europea

La legge 71/17  “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, di cui sono stata promotrice e prima firmataria, è la prima legge in Europa sul fenomeno del cyberbullismo. Per volere unanime del Parlamento italiano, si ispira a principi di sicurezza partecipativa, di diritto mite, punta sulla prevenzione e ha carattere inclusivo rivolgendosi direttamente alle famiglie, al mondo della scuola e coinvolge, istituzioni, terzo settore e colossi del web.

Proprio per tale primato sono stata convocata dall’Intergruppo per i diritti dei minori del Parlamento Europeo interessata ad un’analisi della normativa italiana, agli aspetti giuridici, le modalità di intervento e gli strumenti che il legislatore ha inteso mettere a disposizione dei ragazzi per fronteggiare il fenomeno.

Ho voluto sottolineare alle co-president, Caterina Chinnici e Anna Maria Corazza Bildt, e ai componenti dell’intergruppo che la legge si rivolge solo alle persone di minore età, non è sanzionatoria nemmeno nei confronti della rete ed è una norma che crea una cornice di sistema da cui già oggi discendono diverse leggi regionali volte a creare solide reti territoriali per affrontare sinergicamente il fenomeno percepito sempre più come vera e propria emergenza sociale. La legge dedicata a Carolina è pensata per i ragazzi, vittime e bulli, un testo che si ispira al programma europeo per la protezione dei bambini che usano internet contenuto nella Decisione 1351/2008/CE, nel solco dell’esperienza di Generazioni Connesse, il Safer Internet Centre italiano.

L’intervento della co-president Caterina Minnici

Un momento del confronto con la co-president Anna Maria Corazza Bildt

Nel corso della relazione mi sono soffermata in particolare su due aspetti. In primis il coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti dal fenomeno a partire dalle aziende new media. Proprio queste ultime, per la prima volta e in maniera decisa, hanno dato il proprio costruttivo apporto: un impegno che risulta fondamentale per l’attuazione della norma rafforzando una alleanza educativa e mettendo in atto una collaborazione basata sull’enforcement (co-regolamentazione).
Una sinergia tradotta nella legge con il Tavolo Interministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha il compito di redigere un piano di azione integrato per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nel rispetto delle direttive europee in materia e nell’ambito della decisione 1351/2008/CE. Questo organismo, oggi in fase di insediamento (il 20 ottobre 2017 è stato emanato il Dpcm di istituzione) è coordinato dal MIUR e ha un ruolo centrale nel mettere a sistema le buone prassi e monitorare le misure programmate.  Il Piano è integrato da un codice di coregolamentazione a cui devono attenersi gli operatori che forniscono servizi di social networking e gli altri operatori della rete internet.
Una rete a supporto senza cui le politiche di supporto e contrasto al fenomeno difficilmente  sarebbero concretizzabili; una norma che chiede ottiene nei fatti una forte assunzione di responsabilità da parte di tutta la comunità educante, le istituzioni e le aziende.

Altro aspetto centrale della norma è rappresentato dalla procedura di ammonimento con cui la legge cerca di intervenire prima delle Procure per il riscatto di quei ragazzi che, spesso inconsapevolmente, danneggiano i propri coetanei attraverso le piattaforme digitali. Vista la particolarità del fenomeno, questa misura non è solo coerente con il dovere di recuperare tutti gli individui, a maggior ragione se rappresentano il futuro della comunità, aiutando i bulli, infatti, diamo una mano anche vittime. Non solo in funzione di un rapporto causa-effetto, ma anche in virtù del fatto, rilevato in diverse indagini, che il bullismo informatico induce la vittima ad agire anche come autrice delle condotte che subisce, fenomeno quasi assente nel bullismo tradizionale.

Concludendo la mia relazione ho evidenziato che il testo, recependo le direttive europee, può rappresentare un percorso possibile che auspico possa contribuire ad analoghi interventi legislativi a livello europeo ricordando che “La società è organizzata non tanto dalla legge quanto dalla tendenza all’imitazione”. Parole con cui Carl Gustav Jung delineava con precisione le regole che riguardano il sentire e le condotte dei cittadini ancora prima delle norme che lo Stato emana per la loro convivenza pacifica. Le norme sono, dunque, fondamentali ma solo attraverso la diffusione di buone prassi e la crescita collettiva di una nuova educazione digitale sarà possibile far fronte al cyberbullismo.

L’auspicio, quindi, è che anche altri Paesi membri della UE possano legiferare sul fenomeno prendendo in considerazione l’esperienza normativa italiana anche in considerazione del Nuovo regolamento sulla privacy che sarà approvato nel maggio di quest’anno. Si ricorda che il Report dell’ERGA (European Regulators Group for Audiovisual Media Services), approvato nel novembre 2015 al fine di aumentare la consapevolezza dei rischi nell’esposizione a contenuti pregiudizievoli della salute del minore, individua come supporto alla media literacy due modalità: sviluppare strategie nazionali volte alla sua promozione, inclusa l’educazione nelle scuole e creare piani condivisi a livello UE per promuovere la condivisione delle best practices. Per ottenere una maggiore efficacia nella prevenzione e nella coregolamentazione, che coinvolgono i gestori e le piattaforme di social networking, tali strategie dovrebbero riguardare anche la tutela dei dati personali dei minori e il diritto di oscuramento di contenuti lesivi della loro dignità.

Leggi qui il testo integrale della relazione.