Il nostro Paese taglia un traguardo importante. Con l’approvazione in Senato della legge sul testamento biologico si garantisce a persone che si ritrovano in condizioni di grave sofferenza e che, lucidamente, vivono con estremo disagio lo stato di impotenza in cui versano, di scegliere liberamente e consapevolmente di porre fine al loro dolore. Il voto a Palazzo Madama premia lo sforzo di chi chiede da sempre un gesto di civiltà: penso a Mina Welby, Beppino Englaro, Dominique Velati, Fabiano Antoniani e a chi, come loro, ha sofferto e invocato l’intervento dello Stato.
Un percorso lungo e difficile che ha chiamato in causa le più intime convinzioni ed emozioni di ciascun parlamentare. Un tema che è stato affrontato, superando preconcetti e ricercando una condivisione attorno ai diritti di ciascuno e la dignità di tutti, e che ho fortemente sostenuto come componente dell’Intergruppo sul testamento biologico. Il Senato ha approvato una legge che autorizza le dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT) e quindi permette a tutti noi di prevedere, quando ancora siamo nel pieno delle nostre facoltà e in salute, di decidere che non vogliamo accanimenti terapeutici nel momento finale della nostra vita. Pur in presenza di DAT, resta chiara la necessità di una pianificazione condivisa delle cure anche con il fiduciario e il medico. Il paziente infatti non potrà esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche cliniche e assistenziali: a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali.