Prosegue l’impegno della comunità internazionale per la liberazione di Ahmadreza Djalali, il ricercatore iraniano, collaboratore dell’università del Piemonte orientale, detenuto nel carcere di Evin presso Teheran, che rischierebbe la pena di morte. Lo rendono noto il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani di Palazzo Madama, e la senatrice Elena Ferrara, che seguono da vicino la vicenda. “Abbiamo appreso che il Ministero degli Esteri italiano si sta muovendo attraverso i suoi canali presso le competenti Autorità iraniane – hanno dichiarato Manconi e Ferrara – mentre l’Alto Rappresentane per la politica estera europea, Federica Mogherini, direttamente e attraverso l’ambasciata olandese a Teheran, è impegnata perché si possa rapidamente giungere ad una soluzione positiva per la vicenda. Intanto, possiamo dire che si è svolta l nei giorni scorsi la prima udienza del processo a carico di Djalali e che altre dovranno seguire, e che, al momento, non si ha alcuna conferma della condanna a morte. Ciò mentre la petizione per la sua liberazione, lanciata su Change.org, ha già raccolto circa 200mila adesioni”.
L’incontro in Ambasciata
La notizia segue l’incontro che la senatrice Ferrara con Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani del Senato e Marietta Tidei, membro della Commissione affari esteri della Camera dei deputati e della delegazione parlamentare italiana presso l’assemblea OSCE, ha avuto con l’Ambasciatore della Repubblica islamica dell’Iran a Roma, Jahanbakhsh Mozaffari. “Abbiamo chiesto informazioni precise e dettagliate in merito alle condizioni del professor Ahmadreza Djalali e alla sua vicenda giudiziaria e l’ambasciatore si è impegnato a trasmettere tempestivamente le notizie provenienti da Teheran – spiega Ferrara – sottolineando la stima di cui gode il ricercatore iraniano all’interno della comunità scientifica internazionale e la forte preoccupazione con cui i cittadini di Novara e l’ambiente accademico stanno seguendo la sua vicenda, ho consegnato all’ambasciatore una lettera da parte del rettore dell’Università del Piemonte Orientale, Cesare Emanuel, ed una da parte di Francesco Della Corte, direttore del Crimedim. Proprio il rettore Emanuel nel corso dell’inaugurazione del nuovo anno accademico dell’UPO aveva dichiarato “Siamo certi che Ahmadreza sia innocente. Dobbiamo evitare che questa colossale ingiustizia tolga alla sua famiglia un tenero marito e padre, costituendo per il mondo intero un nuovo, gravissimo attentato contro la libertà della ricerca e della disseminazione della conoscenza senza barriere, che sono i principi imprescindibili per chi svolge la professione di ricercatore”.