Musica e danza, teatro e cinema, pittura, scultura, arti decorative e design, scrittura creativa… i linguaggi artistici – con il loro valore universale – troveranno più spazio all’interno dei percorsi formativi nel nostro Paese. Con l’approvazione, nei giorni scorsi, del decreto delegato “cultura umanistica”, previsto dalla riforma della scuola, il Consiglio dei Ministri conferma il cambio di passo sul fronte del diritto alle arti e alla cultura umanistica degli studenti.
Il provvedimento ha suscitato fin da subito un interessante dibattito, che sto seguendo con grande impegno anche in qualità di relatrice in Settima commissione al Senato. Le prime osservazioni mettono in luce alcune criticità che richiederanno alcune modifiche al netto, però, di una forte legittimazione rispetto alla valenza formativa dei linguaggi della creatività, intesa come esperienza fondamentale per conoscere e comprendere la nostra identità culturale e per alimentare un sano spirito critico.
Non solo, proprio attraverso il potenziamento di tali percorsi formativi si intende lavorare su una maggiore valorizzazione del settore culturale ed artistico anche in termini di crescita economica e opportunità occupazionali.
Come relatrice del decreto in Commissione Istruzione avrò modo di entrare nel merito delle specifiche misure del provvedimento, ma è importante tenere in considerazione il quadro generale in cui si inserisce la delega.
La Commissione Europea ha predisposto un bilancio di 1,46 miliardi di euro (2014-2020) per sostenere decine di migliaia di artisti, professionisti della cultura e dell’audiovisivo e delle organizzazioni nelle arti dello spettacolo, belle arti, editoria, cinema, tv e musica, partendo dal presupposto che i settori culturali e creativi rappresentano il patrimonio immensamente ricco e diversificato dell’Europa e contribuiscono all’evoluzione delle nostre società.
L’Europa sceglie, dunque, di investire sulla cultura, sulla promozione e la salvaguardia della diversità linguistica e del patrimonio culturale, sulla competitività nel settore creativo, anche per promuovere una “crescita intelligente”, sostenibile e inclusiva. In questo solco si muove la Delega per la Cultura Umanistica con l’obiettivo di costruire un sistema integrato in cui Miur, Mibact, Terzo settore e mondo della produzione lavorano fianco a fianco.
Il tema del Made in Italy, pur non previsto nel testo della delega, costituisce un elemento di interesse all’interno del provvedimento ed è stato oggetto di critiche. Invito tutti a riflettere sulla ratio e lo faccio attraverso un esempio emblematico: l’opera. Non vi sono dubbi che questo a questo linguaggio artistico risponda una creazione della migliore produzione artistica nazionale: da secoli interpreti, musicisti e compositori italiani fanno scuola, tanto che ancora oggi il nostro è il Paese con più teatri d’opera al mondo. Un patrimonio che va salvaguardato insieme alle tante professioni coinvolte negli straordinari allestimenti: dalle coreografie ai i costumi, fino alla produzione di strumenti musicali… “sul palco” non c’è soltanto il soprano, il primo violino o il direttore d’orchestra. Un mondo di eccellenze si mette al lavoro per dare vita alle produzioni che riempiono i cartelloni dei nostri teatri e che tutto il mondo ci invidia.
Come tutelare e valorizzare questo straordinario patrimonio? Partendo dal pubblico. Se le platee non riescono a rinnovarsi, la tradizione sarà destinata ad esaurirsi. E’ questo l’altro grande tema che la delega sulla cultura umanistica vuole affrontare, quello della formazione dei fruitori del patrimonio culturale e dobbiamo riconoscere che ci sono forti carenze nella formazione alle arti, sia sotto il profilo della conoscenza della storia delle arti sia per quanto attiene l’esperienza estetica che si traduce nella produzione e fruizione critica dei linguaggi. In questo solco si inserisce il disegno di legge per la valorizzazione dell’espressione musicale e artistivca nell’Istruzione, che ho depositato in Senato nel 2014 come prima firmataria. Una proposta legislativa sotenuta trasversalmente dalle forze parlamentari, nota ai più come “Ddl Abbado”, perché risponde all’appello più volte lanciato dal compianto Maestro e Senatore a vita per ladiffusione dell’insegnamento musicale.
Molto si è fatto, molto resta ancora da fare e servirà davvero il contributo fattivo di tutti per dare corpo e gambe a una Delega in cui mi sento fortemente coinvolta, sia sul piano dei principi sia degli interventi per il lavoro svolto in Commissione e nel gruppo interparlamentare per la musica e con il personale contributo che ha portato alla Risoluzione in Senato (n. 47/15) che interfaccia il mondo della formazione con quello della produzione culturale nel settore musicale. A questo ultimo settore, infatti, il decreto dedica un capitolo che mette a sistema la filiera formativa musicale.
Non voglio altresì dimenticare quando è già stato fatto in questa legislatura, dalla legge sul Cinema alla ristrutturazione del Mibact, passando dall’importante lavoro sulla legge 107; quella che ci attende è una sfida fondamentale ora si sta lavorando alla nuova legge sullo spettacolo dal vivo e alla riforma dell’Alta formazione musicale ed artistica.
La delega alla cultura umanistiche può e deve essere migliorata per renderla pienamente realizzabile, superando carenze che sono certamente presenti. Un lavoro che attende le commissioni competenti di Camera e Senato. Un percorso di miglioramento che si confronterà anche con la richiesta di un adeguato sostegno economico.
L’attuazione del “Piano delle Arti” per riuscire davvero nella sua finalità, ovvero valorizzare nelle scuole “l’insegnamento del bello”, ha bisogno, e questo è un punto molto importante, di una programmazione e di un impegno consistente da parte delle autonomie scolastiche, anche in rete, impegnate a colmare le carenze formative verso un “nuovo umanesimo” che combatte l’anestesia delle emozioni, mette a confronto idee e culture e promuove la cittadinanza attiva.
La richiesta viene dagli studenti e dalle famiglie, come hanno dimostrato le consultazioni in premessa alla riforma. Non possiamo eludere la risposta ai diritti in alcun caso, soprattutto quando afferiscono ad esigenze adeguatamente percepite ed esplicitate. I tempi sono maturi.