Parlando di un referendum finalizzato alla modifica della Costituzione è bene precisare che il voto non inciderà sulla prima parte, che fissa i principi della Carta. Il 4 dicembre saremo chiamati a decidere se mettere in campo strumenti e modalità che rendano il nostro sistema democratico più efficiente, agile nei tempi e nei modi per il bene comun e. Sono stata coinvolta nei lavori parlamentari che hanno portato al testo oggetto della prossima consultazione. A Palazzo Madama, dall’attività della Commissione Affari costituzionali, presieduta da Anna Finocchiaro, agli emendamenti discussi in Aula, abbiamo contribuito a migliorare il testo di partenza. A fronte di questo percorso mi sono sempre espressa a favore della riforma, non solo come rappresentate del PD ma anche come referente del territorio impegnata nelle principali battaglie per i diritti che caratterizzano questa legislatura. I benefici legati al superamento del bicameralismo paritario vanno ben oltre la teoria. Questa riforma è in grado concretamente di restituire benessere alla società. Porto un esempio pratico: le ragioni del sì sono le stesse che avrebbero permesso di approvare in via definitiva la legge a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto al cyberbullismo già 18 mesi fa, quando il testo da me depositato come prima firmataria era stato votato all’unanimità in uno dei due rami del parlamento nel maggio 2015. Invece dal Parlamento si attendono ancora risposte su quella che nel frattempo è diventata un’emergenza sociale.
Qualcuno potrebbe dire che per risolvere ping pong tra Camera e Senato basterebbe la volontà dei partiti. Certo, ecco perché il tema della selezione della classe politica è un punto centrale della riforma costituzionale. Nel nuovo Senato i rappresentanti delle istituzioni locali avrebbero più voce e considerazione laddove si prendono decisioni su materie determinanti quali energia, istruzione, trasporti e rapporti UE. Un meccanismo che garantirebbe alla camera alta di partecipare a tutti gli iter legislativi ma riducendo quella burocrazia che oggi spesso impedisce di rispondere celermente ai bisogni della comunità. Tanto che le leggi di iniziativa parlamentare sono sempre di più bersaglio di strategie politiche che poco o nulla hanno a che fare con il principio di rappresentanza. Per questo è stato introdotto l’emendamento all’art. 57 con cui si specifica che sarà la legge elettorale a definire i meccanismi di espressione di preferenza per individuare chi siederà a Palazzo Madama: “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Inoltre l’art. 55 rafforza il principio di “equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”: un passaggio trascurato sui giornali e nei dibattiti televisivi ma che da solo, a mio parere, saprebbe orientare molti indecisi verso il sì. Lo dico da politica non certo affezionata al concetto di “quote rosa”. Più donne in parlamento significa più diritti, tutele ai minori, rappresentanza delle famiglie, tradizionali e non. Su queste tematiche ci siamo confrontati a lungo nelle Commissioni e nelle sedute in Aula riscontrando ampia condivisione anche da chi oggi esprime, invece, un parere opposto rispetto al proprio voto in parlamento. Per tutte queste ragioni voterò sì anche il 4 dicembre prossimo. Non solo per coerenza ma per consentire all’Italia di allargare i propri orizzonti e di guardare con più fiducia alle tante sfide che ci attendono. Se rinunciamo ai pregiudizi e alle ideologie a favore di una riflessione nel merito e nelle opportunità sono certa che il sostegno alla riforma sarà più largo e condiviso del previsto”.