E’ entrata in vigore lo scorso mercoledì 23 settembre la Legge 141/2015 che promuove l’agricoltura sociale, quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo, allo scopo di facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate.
L’agricoltura sociale ricomprende un insieme di esperienze, che affondano le loro radici in alcuni aspetti tradizionali dell’agricoltura, come, per esempio, il suo carattere multifunzionale, il legame tra azienda agricola e famiglia rurale, per esaltarne il carattere sociale. Essa diventa, quindi, luogo per l’integrazione nell’agricoltura di pratiche rivolte alla terapia e alla riabilitazione delle persone diversamente abili dal punto di vista psicofisico, dell’inserimento lavorativo e, quindi, l’inclusione sociale di soggetti svantaggiati.
Concordo con quanti prima di me hanno definito l’agricoltura sociale una “tradizione innovativa“! Perché rispetto ai tradizionali elementi di accoglienza e inclusione sociale che già caratterizzavano l’attività agricola, oggi assistiamo ad una sostanziale differenza nell’approccio: prima, nell’agricoltura, l’aspetto sociale era una risultante del mondo produttivo, oggi l’aspetto sociale diventa obiettivo, punto di partenza e non più uno dei risultati. La novità consiste quindi nel fatto che, grazie alla definizione di un quadro normativo, le attività agricole che hanno un obiettivo sociale vengono realizzate in modo esplicito e consapevole, in strutture che utilizzano processi produttivi agricoli e che sono riconosciute dalla collettività come percorsi utili a rafforzare l’autonomia e il benessere delle persone socialmente più deboli. Si tratta di un approccio strutturato e finalizzato a rispondere alle richieste del mercato e a quelle della società civile, per rileggere il ruolo multifunzionale dell’agricoltura anche attraverso l’orientamento dello sviluppo del territorio rurale in una dimensione etica, senza però, naturalmente, inficiare le caratteristiche delle imprese.
Fino ad oggi abbiamo assistito ad approcci empirici, mossi dalla sensibilità dei pionieri di questa forma di agricoltura, senza una vera definizione legislativa del termine e delle modalità per avviare queste attività. Attività che di fatto si rivelano particolarmente complesse, nel senso mero del termine, in quanto l’agricoltura sociale richiede la collaborazione fattiva di più persone con bisogni, interessi, professionalità differenti.
In primis, i soggetti interessati all’Agricoltura Sociale sono quelle persone che, provate da forme diverse di disagio, pensano di trovare nell’attività agricola una chance di riqualificazione professionale e sociale. Quindi, gli interessati sono sia i “nuovi agricoltori“, che già svolgono attività diversificate nell’ambito dell’agriturismo e dei servizi legati al mondo della scuola, sia gli “agricoltori tradizionali” che, spinti dalla globalizzazione ad abbandonare modelli produttivi eccessivamente specializzati che si sono rivelati non premianti, sono indotti, per integrare il reddito, a sperimentare modelli agricoli multifunzionali.
Infine voglio sottolineare che aver introdotto le cooperative sociali nel corso della rimodulazione di questo provvedimento è stato un passo sostanziale per la qualità del provvedimento stesso. L’aspetto multidisciplinare è infatti intrinseco nell’agricoltura sociale, che comporta, nella sua messa in opera, conoscenze diversificate in ambiti apparentemente lontani, almeno dal punto di vista formativo; per questo non possono venir meno le conoscenze del mondo agricolo, come non possono venir meno le conoscenze del mondo dell’assistenzialismo sociale. Solo dall’interazione, da un’intensa collaborazione e da una delicata modulazione delle esigenze di questi due mondi, possono nascere progetti ben formulati e strutturati, in grado di portare ad ottimi risultati, sul piano agricolo e sul piano sociale.
Sintesi del provvedimento legislativo
Sono definite attività di agricoltura sociale le attività svolte, singola ed associata, dall’imprenditore agricolo (di cui all’art. 2135 del codice civile) o da cooperative sociali il cui fatturato derivi almeno per il 30% dall’attività di agricoltura sociale, volte a realizzare:
a) l’inserimento socio-lavorativo di soggetti svantaggiati, disabili e minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione sociale;
b) servizi sociali per le comunità locali, mediante le risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;
c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;
d) progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità, nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale,fisica e psichica.
Queste attività possono essere svolte dalle aziende agricole (o cooperative sociali a prevalenza agricola) in collaborazione con le cooperative sociali, le associazioni di promozione sociale e i servizi socio-sanitari o gli enti pubblici competenti del territorio. Questi ultimi dovranno anche stimolare lo sviluppo dell’agricoltura sociale provvedendo alla promozione di questa tipologia di attività e all’integrazione tra imprese, produttori agricoli e istituzioni locali.
Le modalità di riconoscimento degli operatori dell’agricoltura sociale sarà gestito a livello regionale, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, ovvero, ad oggi, entro fine marzo 2016. Tali operatori potranno costituire organizzazioni di produttori.
É previsto che si possano utilizzare per lo svolgimento delle attività oggetto dei questa legge gli stessi fabbricati rurali delle aziende agricole, prevedendo anche la possibilità, da parte delle Regioni, di interventi per il recupero di edifici esistenti al fine dell’esercizio di tali attività, nonché di avere la priorità nell’assegnazione di terreni demaniali o di beni e terreni confiscati alla mafia.
Tra gli interventi di sostegno allo sviluppo dell’agricoltura sociale, si prevede inoltre che nei bandi di mense scolastiche ed ospedaliere si possa dare priorità a prodotti derivati queste aziende e soprattutto l’inserimento nei PSR (piani di sviluppo rurale) di bandi finalizzati alla realizzazione di programmi finalizzati alla crescita e all’espansione di questo tipo di agricoltura.
Infine si prevede la creazione di un osservatorio nazionale, presso il MiPAAF, per la produzione delle linee guida, il monitoraggio e il coordinamento delle attività sul tema