Una crescita delle esportazioni di poco inferiore ai 12 miliardi di Euro e 42 mila nuovi occupati. Queste le performance del comparto agroalimentare nell’ultimo anno. Un settore per cui l’intera economia del Paese non può che fare il tifo e che rientra tra le priorità dell’azione di Governo.
Lo conferma l’approvazione nei giorni scorsi del Dl Agricoltura, seguita, dall’approvazione del disegno di legge 1568 “Disposizioni in materia di agricoltura sociale”; norme che completano un quadro legislativo indicato già nel collegato Agricolo approvato nello scorso mese di maggio.
Oggi, quando parliamo di agricoltura, ci confrontiamo con l’innovazione, la ricerca, le nuove produzioni e la necessità di mettere in luce le eccellenze di questo Paese. Un Made in Italy che va certamente protetto e tutelato per garantire una confronto alla pari sul mercato internazionale, come nel caso del nostro riso e dei competitor del Far East. Non c’è, però, dazio o tutela che tenga, se prima di tutto non dimostriamo e facciamo conoscere il valore e la qualità del nostro prodotto garantendo, peraltro, continuità nella tradizione positiva della produzione italiana.
Proprio per questo motivo il decreto per il rilancio del settore agricolo predispone percorsi di affiancamento e stimolo per i molti giovani che individuano in questo comparto un’opportunità di realizzazione personale e professionale. Una riscoperta del valore della terra che il dispositivo sostiene prevedendo mutui a tasso zero, sgravi sulle assunzioni, risorse consistenti (oltre 80 milioni) destinate ai neo imprenditori agricoli e affrontando il tema del difficile accesso alla terra anche con l’istituzione della banca della terra in ISMEA.
Ricerca, innovazione, marketing sono chiavi utilizzate dagli imprenditori in grado di aprire nuovi mercati, così come la riorganizzazione del sistema è un compito fondamentale che il Governo assolve. Ad esempio favorendo i sistemi e le aggregazioni inter-professionali che, da un lato riducono il frazionamento dell’offerta rendendola più competitiva sul mercato internazionale e, dall’altro, si preoccupano di spalmare i guadagni lungo la filiera, tutelando quella che è sempre stata la parte più debole, ovvero gli agricoltori.
Un’Italia che sostiene la filiera dell’agroalimentare e non rinuncia al suo ruolo di pioniere. Tecnologia, ricerca, sviluppo uniti alla capacità di precorrere i tempi. E’ questo il caso della legge “Disposizioni in materia di agricoltura sociale”. Un vero e proprio generatore di welfare, per cui la nuova programmazione dei fondi FEASR, relativa al periodo 2014-2020, destina circa 10,5 miliardi di euro.
L’aspetto sociale è sempre stata una risultante del mondo agricolo, un aspetto che oggi diventa obiettivo. La novità consiste quindi nel fatto che le attività agricole che hanno un obiettivo sociale vengono realizzate in modo esplicito e consapevole, in strutture che utilizzano processi produttivi agricoli e che sono riconosciute dalla collettività come percorsi utili a rafforzare l’autonomia e il benessere delle persone socialmente più deboli. Si tratta di un approccio strutturato e finalizzato a rispondere alle richieste del mercato e a quelle della società civile, per rileggere il ruolo multifunzionale dell’agricoltura anche attraverso l’orientamento dello sviluppo del territorio rurale in una dimensione etica.
La nuova normativa prevede benefici per l’agricoltura sociale, come l’invio prioritario dei propri prodotti alle mense scolastiche o ospedaliere, e ancora la concessione di terreni pubblici demaniali o sequestrati alla criminalità. Un accesso semplificato a fronte di attività legate a servizi sociali, prestazioni e servizi terapeutici, inserimenti socio-lavorativi, educazione ambientale e alimentare. Tutte attività con importanti risvolti sociali e che abbiamo imparato a conoscere anche sul nostro territorio. Molte nel Novarese le iniziative imprenditoriali che hanno saputo guardare alle opportunità e al valore culturale dell’agricoltura sociale. Fattorie didattiche, agro-asili, progetti di riabilitazione sociale che, provate da forme diverse di disagio, pensano di trovare nell’attività agricola una chance di riqualificazione professionale e sociale. Sono solo alcuni esempi della multifunzionalità e della complessità dell’agricoltura sociale, che richiede la collaborazione fattiva di più persone con bisogni, interessi e professionalità differenti.
Un esempio di sostenibilità ecologica, sociale ed economica considerato che in Italia si contano circa 400 imprese che occupano quasi 4mila lavoratori, per un valore di produzione superiore ai 180milioni di euro. Non una nuova frontiera da esplorare, dunque, ma un comparto cui dare ulteriore impulso, anche in un’ottica di piena cooperazione con i servizi socio-sanitari e gli enti pubblici competenti del territorio. Per questo motivo viene peraltro istituito l’Osservatorio sull’agricoltura sociale, nominato con decreto del Mipaaf. Un soggetto chiamato a definire le linee guida in materia di agricoltura sociale e assumere funzioni di monitoraggio, oltre che a coordinare l’insieme delle politiche rurali e di comunicazione.