Quella appena passata è stata una settimana in rosa. Ha mostrato con forza a tutta Italia il valore e i volti di tre grandi donne.
Tre figure che hanno fatto finalmente respirare al nostro Paese orgoglio e coraggio.
Anzitutto Giusy Nicolini, coraggiosa sindaco di Lampedusa e amministratrice che stimo profondamente per il lavoro e l’umanità dimostrata durante l’emergenza profughi.
Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che alla presidente della Camera, Laura Boldrini, ha portato la richiesta del “Comitato 3 ottobre”; ovvero celebrare ogni anno una giornata dedicata alle vittime del mare. Una giornata per dare memoria e giustizia a tutti quei migranti che, in fuga da contesti di guerra, vanno in cerca di un futuro migliore oltre il Mediterraneo, trovando spesso un tragico epilogo.
Ma non serve essere uomini e donne delle istituzioni per dare grande prova di coraggio. Ce lo dimostra la giovanissima ragazza di Modena, vittima questo agosto di un vergognoso caso di stupro di gruppo, che oggi chiede di poter tornare a scuola, la stessa scuola, dove poter continuare a vivere la propria quotidianità.
Nonostante la giovane età e le pressioni da più parti, lei ha capito più di tanti “adulti” di non doversi vergognare, di non essere lei l’oggetto del discredito, anche mediatico. Un vittima che ha scelto di reagire, e d’imporre a tutti noi la sua dignità. Senza fronzoli, «Devo tornare in classe, ho una verifica da sostenere». E da insegnante, le auguro ogni bene.
In ultimo, sabato scorso, i funerali laici a Milano per Lea Garofalo, testimone di giustizia nata in una famiglia ‘ndranghetista e colpevole solo di essersi innamorata dell’uomo sbagliato, un esponente del noto clan dei Cosco.
Quella di Lea è stata una scelta dettata da un coraggio materno: denunciare tutte le illegalità per proteggere la figlia, Denise, sottraendola da un futuro schiavo delle logiche mafiose.
A Lea l’hanno fatta pagare, gli stessi che il giorno prima le giuravano amore. Il marito, sotto ordine della famiglia, l’ha sequestrata con l’inganno in una giornata di novembre del 2009, facendone sparire le sue tracce.
La storia di Lea, la sua testimonianza, è diventata esempio. Lo testimoniano i tantissimi i giovani presenti in piazza Beccaria per seguire le celebrazioni.
Sono uno sei “braccialetti bianchi”, parlamentari che hanno aderito all’iniziativa di Libera-Gruppo Abele per contrastare illegalità e corruzione. In questo senso faccio mie le parole contenute nel messaggio del professore Nando Dalla Chiesa: «Il potere più maschilista e totalitario ha pensato che uccidere e bruciare una donna fosse un fatto privato, giustificato dalle leggi dell’onore. Le ragazze invece dicono che è un grande fatto pubblico. Nelle loro speranze, la sconfitta della ‘ndrangheta in Lombardia partirà dalle donne. Destinate a ubbidire e invece ribelli. Destinate a tacere e invece testimoni collettive. L’antimafia con gli occhi lucidi ha, ancora una volta, un orgoglio femminile».